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Da anni al servizio del metal tricolore, i trentini Anguish Force macinano album su album, fedeli alla vecchia guardia dell’heavy metal sound più tradizionale puro ed incontaminato. Da qualche mese la band è fuori col nuovo “Atzwang”, oltre al secondo capitolo del progetto “RRR”, che raccoglie il vecchio materiale del gruppo. Abbiamo scambiato due parole con Luigi Guarino D, ascia e leader degli Anguish Force.

– Ciao, sono Diego di Stereo Invaders. Innanzitutto volevo farvi i complimenti per l’ottimo album. “Atzwang” è un disco che si ascolta con piacere, soprattutto per un appassionato come il sottoscritto di metal old school!

– Ciao a te Diego e grazie infinite per i complimenti! Quando decisi di formare questa band, davvero tanto tempo fa ero un grande appassionato di Metal classico e di Thrash e volevo mettere in una musica di mia composizione tutti gli elementi che mi avevano avvicinato sin da ragazzino a questo intramnontabile genere. Indipendentemente dai risultati commerciali ottenuti disco dopo disco, la passione è rimasta immutata e dunque, “Atzwang” non è altro che la logica continuazione di quello che ti ho detto finora. Diciamo, che man mano che cresciamo (e invecchiamo), non ci accontentiamo piu’ di registrare un disco composto da pezzi che riteniamo validi, ma di volta in volta cerchiamo di presentare un prodotto sempre piu’ competitivo anche a livello di produzione generale.

– Come è nata l’idea, per altro secondo me vincente, del concept sulla cronaca nera riguardo questa “ridente” località dell’Alto Adige?

– Atzwang (tradotto Campodazzo) nonostante le mie origini del Sud, è il paesino a Nord di Bolzano in cui sono cresciuto e in cui risiede da sempre la base della band. La cronaca nera e i testi dell’orrore ci hanno sempre appassionato, ma parlare di un argomento nuovo era davvero difficile. Su vampiri, streghe e assassini psicopatici è stato detto davvero tanto, ma su quelli di Atzwang non si è mai soffermato nessuno, tranne i giornalisti che dovevano pubblicare la tragedia di turno sui loro quotidiani locali. Dunque, io che sono “di casa”, non ho fatto molta fatica a trovare terreno fertile su cui scrivere il concept. A dirti la verità, ce ne sarebbero ancora tante di storie nere da raccontare e chissà che un giorno non te le racconteremo con un altro album come questo.

– Se dovessi citare almeno tre canzoni rappresentative dell’album (o semplicemente le tue preferite), quali sceglieresti e perché?

– Personalmente non ho particolari preferenze, anche se la band è molto affezionata ad “Hazardous Game”. “A Witch With A Mirror” e la stessa “Atzwang” sono state altamente apprezzate sia in sede live che su disco. Ma non dovrei limitarmi a tre titoli perchè anche le altre stanno funzionando molto bene. Sinceramente non avrei nessun problema a suonare l’album per intero.

– Come ho scritto nella recensione , ho trovato “We Are Togheter (In The Grave)” un pezzo particolarmente adatto per le situazioni live, ci avete pensato mentre lo scrivevate?

– La particolarità di questo pezzo è che è piaciuto anche (e soprattutto) ai non-Metallari, per via delle sue melodie altamente efficaci. Era uno dei tanti pezzi che scrivi tutto d’un fiato senza pensarci e che tieni chiusi in un cassetto. La band, invece, ha fatto pressioni per non escluderla e quindi l’abbiamo registrata con la condizione di posizionarla verso la fine del disco e prima di un pezzo velocissimo. I risultati, nel nostro piccolo, sono stati sorprendenti e sarebbe davvero un colpaccio se riuscissimo a farla passare su qualche radio influente.

– La scena metal italiana, pur essendo ricca di band da ogni parte dello Stivale, sembra sempre soffrire della mancanza di interesse da parte di chi gestisce locali per la musica dal vivo. Meglio serate con cover band di gruppi famosi che ascoltare dei pezzi nuovi di una nuova band; tu come giudichi la situazione attualmente e, più in generale, come valuti la scena metal italiana a tutti i livelli, locali ma anche band, addetti ai lavori, pubblico, eccetera?

– Vorrei dirti che la situazione è difficile, ma in realtà è proprio disastrosa. Ci sono band che suonano da piu’ di vent’anni e alle quali non viene neanche riconosciuto un minimo di rispetto. Molti locali pretendono che le band si mettano in viaggio per chissà quanti chilometri, con tanto di impianto al seguito e non hanno neanche intenzione di pagargli le spese di viaggio. La categoria è ormai formata da irriducibili a cui non viene dato nessun aiuto. Dunque, nepotismo a parte, chi ha qualche soldo per poter gestire e investire sul proprio progetto, farà piu’ strada di chi ha solo le buone intenzioni e probabilmente grandi capacità. In più, produzioni cristalline con tanto di tecnicismo, vengono considerate dagli organi competenti, molto piu’ di produzioni ingenue, sanguigne, ma dalla maggiore creatività. Difficilmente mi capita di ascoltare dei dischi recenti realmente validi da tutti i punti di vista, sia in Italia che all’estero. La musica è arte e deve dare delle emozioni a chi l’ascolta, non me ne faccio nulla di un frullato di tecnica noiosa fine a se stessa seguito da recensioni entusiastiche. Alla luce di quanto detto, grava la profonda crisi che di certo non ha risparmiato il mondo della musica. I gestori dei locali, che spesso giudichiamo delle sanguisughe, fanno fatica a tenere in piedi la loro attività, sommersi da tasse e incassi mediocri e quindi non se la sentono di investire su band semisconosciute. La benzina è alle stelle, così come i pedaggi autostradali. E’ davvero dura, da qualsiasi angolazione tu la guardi. Ma la cosa peggiore in assoluto è la mancanza di una reale collaborazione tra le band, della quale ci sarebbe bisogno in maniera massiccia.

– State riuscendo nell’impresa di far girare il vostro nome all’estero?

– Trattandosi di underground, devo dire che ci siamo riusciti da un pezzo. Il difficile sarebbe uscire da questo sottosuolo musicale ed avere qualche riscontro anche in qualche sfera più alta. Ma non è facile e non possiamo pretendere che con la crisi generale che attanaglia tutto e tutti, musica in primis, qualcuno investa delle sontuose cifre per un gruppo di Defenders datati come noi. L’importante è sapersi accontentare anche delle piccole soddisfazioni e continuare a credere in ciò che si fa.

– Rimanete fedeli al metal anni ’80, come riferimento anche nel comporre canzoni, nuove oppure vi lasciate “contaminare” più liberamente anche da input “diversi”?

– Negli Anguish Force non c’è posto per le contaminazioni. Se uno o più componenti della band sentono il bisogno di sperimentare altri generi, non mi da fastidio, basta che lo facciano fuori dal gruppo. Io rispetto i gusti delle persone e so che chi mi circonda rispetta ciò per cui per anni ho combattuto. La cosa bella è che ciò che facciamo appassiona tutti noi e quando siamo insieme ci piace farlo. Poi ognuno ha la sua vita che può gestire come meglio crede.

– Come giudichi il nuovo “Atzwang” rispetto al precedente discografia della band? Ovviamente un passo in avanti, ovvio, ma in che modo ritieni che la band stia evolvendo e maturando dagli esordi sino ad oggi?

– Personalmente ritengo le vecchie composizioni molto valide e l’unica cosa che mi dispiace è il non aver avuto i mezzi per rendere quelle canzoni competitive come quelle degli ultimi lavori. Alla luce di questo, “Atzwang” è dunque e per forza di cose il migliore lavoro prodotto dalla band. Detto questo, non posso negare che la band sia anche migliorata tecnicamente e quindi anche questo ha influito sul risultato generale.

– Cosa puoi dirmi del progetto di ristampa del vecchio materiale degli Anguish Force diviso in due CD, quello “bianco” e quello “nero”?

– Il progetto “RRR”, diviso in due album retrospettivi è per me motivo di grande soddisfazione e orgoglio personale. Forse, se possibile, la piu’ grande delle soddisfazioni. Registrare il primo capitolo, grazie anche alla grande disponibilità della My Graveyard Productions, nella specifica persona di Giuliano Mazzardi, uomo che già per questo non smetterò mai di ringraziare, è stato un qualcosa di indescrivibile che ha riportato alla luce canzoni e soprattutto emozioni di un tempo ormai lontanissimo. Avevo 14 anni quando cominciai a scrivere i primi acerbi riff nel 1988 e pensa con quali brividi li ho rispolverati e riregistrati. La band, poi, è stata bravissima a interpretarli senza stravolgere lo spirito che in esso giaceva. Il sogno si è ripetuto, quando, grazie agli ottimi consensi ricevuti dal primo capitolo, abbiamo cominciato a lavorare sulla seconda parte e le emozioni hanno continuato a espletarsi come un vulcano in eruzione. Queste sono le soddisfazioni che non hanno bisogno di un ritorno economico per essere considerate comunque grandi. Per concludere in bellezza, diversi di questi pezzi sono stati suonati pure dal vivo. “Heroes Of Metal” è ormai fissa in scaletta e tanti altri, a rotazione, vengono presentati di volta in volta al pubblico, nonostante un reportorio ormai molto vasto.

– Grazie della chiacchierata e buona fortuna per i vostri progetti futuri. Un’ultima battuta, ma Atzwang/Campodazzo adesso è un posto sicuro dove alloggiare….?

– Non lo è mai stato e mai lo sarà. Come potrebbe esserlo se ci suonano gli Anguish Force..? Grazie a te e alla Redazione di Stereo Invaders e naturalmente Metal forever!!!